Benvenuto nel mio blog

Non ho la presunzione di essere uno chef stellato. E nemmeno quella di essere una visitatrice del mondo o un’accanita lettrice. Amo solo le emozioni. I viaggi, i libri ed il cibo mi emozionano completamente ogni giorno. In questo blog troverai qualche consiglio o semplicemente qualche spunto per il tuo presente o il tuo futuro…

…augurandoti di coglierne il meglio. Buona lettura!

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La mia energia –  Il mio libro – I miei viaggi –  Le mie ricette – Le mie letture

Immensamente Russia!

Uno dei primi aggettivi che mi viene in mente per definire questo paese è “immenso”: per la maestosità dei monumenti e delle chiese delle grandi città, per la grandezza del Volga, che, in alcuni punti, si apre in laghi talmente grandi da sembrare dolci mari piatti, e per la dimensione del suo territorio, con l’estrema varietà di etnie, ciascuna con la propria storia, tanto complessa quanto, per alcuni aspetti, piuttosto infelice.
Uno dei modi migliori per visitare Mosca e San Pietroburgo e avere anche qualche assaggio dei tipici paesi che si affacciano sulle sponde del Volga, ho scoperto essere proprio la crociera fluviale che segue la rotta denonimata “Via degli Zar”. La crociera, con un buon rapporto qualità-prezzo, permette, infatti, di vistare le differenti località tramite escursioni organizzate, con guide parlanti italiano molto preparate, e offre, inoltre, una serie di attività a bordo che forniscono un’infarinatura generale sulla cultura e il folclore locale, in un contesto informale, divertente ma anche rilassante.

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Il tour è partito da Mosca, con un’iniziale visita panoramica della città e dei luoghi di maggiore interesse, tra cui: l’Università, un vero e proprio monumento imponente e suggestivo, la Piazza Rossa, il Teatro Bolshoi, la Piazza del Maneggio e il Cremlino. La Piazza Rossa devo dire che è davvero notevole. Da un lato svetta la spettacolare cattedrale di S. Basilio, assolutamente da visitare anche al suo interno e in cui, se siete fortunati, potrete assistere a un breve concerto live di musica lirica; al centro della piazza è collocato il mausoleo di Lenin, monumento funerario che accoglie le spoglie mortali del capo della Rivoluzione. La visita all’interno del mausoleo, di particolare impatto emotivo, dura poco meno di un minuto, in cui si passa, in un rigoroso silenzio, intorno alla salma mummificata di Lenin ben conservata all’interno di una teca. Di fronte al mausoleo si trovano i magazzini Gum, un capolavoro della fine del 19° secolo che merita sicuramente una visita, sia per fare shopping che per ammirarne l’architettura e le composizioni floreali presenti al suo interno. Il tour del Cremlino, dove ha sede il Governo dello Stato e che è rigorosamente circondato da alte mura, è stato altrettanto interessante per la bellezza di chiese e palazzi e non solo.

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Vale davvero la pena di visitare Mosca anche di sera: la vista della Basilica di San Basilio illuminata credo sia assolutamente imperdibile. Di particolare interesse anche la metropolitana, con alcune fermate che sono delle vere e proprie opere d’arte. Infine, il Parco della Vittoria, da cui, oltre a godere di un panorama mozzafiato, sono schierate decine di fontane di colore rosso, che rappresentano il sangue versato dai soldati in guerra, collocate di fronte al monumento alla Vittoria, un enorme obelisco alto 141.8 metri, i cui singoli centimetri corrispondono ad ogni giorno della seconda guerra mondiale combattuto dai soldati sovietici.

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Il tour ha previsto, poi, una giornata in libertà. Purtroppo il tempo era veramente limitato, io ho optato per una visita alla zona del Museo dei Cosmonauti, alla cui base è situato lo spettacolare Monumento ai conquistatori dello spazio e in prossimità della quale si trova anche il monumento “L’operaio e la kolchoziana”, una statua di circa 25 metri che raffigura una contadina e un operaio, che reggono, rispettivamente, una falce e un martello. Nel pomeriggio è stato immancabile un giro in Via Arbat, la via commerciale per definizione e percorsa da turisti di tutto il mondo.

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Lasciando Mosca, e dopo il brindisi con il Capitano alla cena in suo onore, la nave ha seguito la rotta per Uglich, tristemente nota per l’assassinio del piccolo principe Dimitri, figlio di Ivan il Terribile, ma che ho scoperto essere anche un piccolo gioiello del Volga. La rotta ha poi seguito la via di Yaroslavl, antica città russa fondata nel 1010, dove abbiamo visitato la cattedrale del profeta Sant’Elia, il Cremlino e, nel tempo libero, consiglio un giro al mercato coperto, dove ci si perde tra le prelibatezze locali.

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Il giorno seguente siamo approdati a Goritzy, dove, dopo un’interessante visita al Monastero di San Cirillo del Lago Bianco, abbiamo avuto la possibilità di fare un giro in questo piccolo paese dove davvero si respira la reale vita di un villaggio russo (e dove, peraltro, abbiamo comprato vodka in un negozietto locale a prezzi davvero stracciati!).
L’arrivo della nave, il giorno seguente, al porticciolo della piccola isola di Kizhi, considerata dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità”, è avvenuto lentamente, permettendoci di pregustare questo gioiello dell’architettura in legno già nell’ultima mezz’ora di viaggio. La visita del museo all’aperto ci ha fatto scoprire, infatti, che davvero tutto è di legno su quest’isola, incluse le cupole delle chiese che venivano realizzate con una particolare tecnica di intaglio. Per di più tutte le strutture sono state create ad incastro, senza l’utilizzo di alcun chiodo! Per visitare l’isola è possibile fare un giro in carrozza o in bicicletta, ma attenzione, è severamente proibito fumare (salvo in appositi spazi)!

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L’ultimo giorno di navigazione ci ha portati a Mandrogy, un villaggio un po’ troppo turistico ma con veri artigiani locali all’opera nei negozi tipici e abbiamo gustato, in compagnia di amici, oltre a degli ottimi spiedini russi, un generoso giro di assaggi al museo della vodka.

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All’alba del giorno seguente, siamo arrivati a San Pietroburgo, dove il fasto imperiale si esprime alla massima potenza. Anche in questa città abbiamo effettuato l’iniziale giro panoramico in pullman dei luoghi di maggiore interesse, tra cui: la prospettiva Nevskij, la via principale della città, la Piazza del Palazzo d’Inverno, al cui interno c’è l’Hermitage, la stupenda chiesa del Salvatore sul Sangue Versato (ricoperta di oltre 7000 metri quadri di mosaico), la visita della Fortezza dei S.s. Pietro e Paolo, il monumento più antico della città, all’interno della cui cattedrale sono custodite le tombe degli zar, da Pietro il Grande a Nicola II e la sua famiglia, uccisi durante la rivoluzione e la Basilica di S.Isacco. La sera abbiamo assistito ad un vero e proprio spettacolo a cielo aperto: l’apertura di alcuni ponti di San Pietroburgo che tutte le notti, dall’1.30 alle 5 circa rimangono aperti per permettere il passaggio delle navi in città.

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Il giorno seguente abbiamo visitato l’Hermitage, davvero notevole, non solo per le collezioni che contiene, ma anche per lo sfarzo delle sue ampie sale. Altrettanto sfarzosa è la residenza estiva di Caterina II a Pushkin, al cui interno si trova la Camera d’Ambra, le cui pareti sono rivestite da pannelli decorati con un minuzioso collage di sei tonnellate d’Ambra oltre a foglie d’oro e specchi che risplendono, tra differenti gradazioni di colori.

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Infine, nel tempo libero, sono riuscita a visitare, anche se molto velocemente, la residenza estiva degli zar di Peterhof, dove primeggia la grande fontana, che con i suoi getti crea dei giochi di acqua e di luce splendidi, sullo sfondo del Mar Baltico.

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Quest’articolo è solo un assaggio di quello che ho visto e di quello che in, in un paese così immenso, si possa visitare. Posso però dirvi in dettaglio ciò che più mi ha emozionato in questo viaggio e che porterò sempre con me: le note di un giovane pianista che echeggiavano sulla nave in corsa lungo il Volga; le intense chiacchierate e risate con i miei nuovi e piacevoli amici, tra una birra e un giro di vodka; le vibrazioni del coro di noi Italiani, che, alla serata finale, abbiamo cantato “Quel Mazzolin di Fiori” tenendo alto l’onore del nostro Paese; la tristezza dei sorrisi spenti della gente comune, che ho capito derivare da una profonda sofferenza storicamente provata; la vivacità dei colori delle chiese e le loro cupole dai tagli curvi e perfetti; il mistero di un villaggio sommerso, da cui spunta dal fiume solo la cima della sua cattedrale; i tramonti mozzafiato sul lago Ladoga, in mezzo ad una natura incontaminata ed, infine, la maestosità di “Mamma Volga”, una statua collocata tra Yaroslavl e Goritzy, che accoglie le navi nelle sue ampie acque.

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Su e giù per il Bernina

Per un giro panoramico tra le montagne davvero unico al mondo, la linea del Bernina, lungo la tratta ferroviaria che va da Tirano a St. Moritz, offre un tragitto di particolare bellezza, tra panorami mozzafiato, laghi affascinanti e splendide vallate. Il giro è consigliato in tutte le stagioni dell’anno. Io l’ho effettuato d’inverno e devo dire che il fascino della neve è sempre unico! Il treno panoramico di questa linea, che dal 2008 fa parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, attraversa le alpi a cielo aperto, effettuando i 1.824 metri di dislivello esistenti tra Tirano e Ospizio Bernina, affrontando pendenze fino al 70%.

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Arrivare a Tirano è agevole sia in auto che in treno. Io ho optato per quest’ultima soluzione, pernottando in un gradevole B&B (B&B Tirano) che si trova a due passi dalla stazione (davvero a meno di un minuto a piedi!). Vi consiglio, infatti, di pernottare una notte a Tirano, per prendere il treno del Bernina la mattina dopo e godervi con calma il tour, anche perché il tragitto ha una durata di 2 ore e mezza a tratta. Vi consiglio, inoltre, di alloggiare a Tirano piuttosto che a St. Moritz perché molto più a buon mercato rispetto alla famosa località svizzera.

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St. Moritz è una cittadina davvero singolare! E’ posizionata a 1800 metri s.l.m. e si affaccia su un grazioso lago da girare e da…attraversare a piedi! In inverno, infatti, il lago è completamente ghiacciato, tant’è che, sopra ad esso, vengono organizzati eventi di vario tipo. Io ho assistito a una partita di polo su ghiaccio, davvero particolare! Il centro del paese è altrettanto grazioso ma ciò che la fa da padrone è sicuramente il lusso sfrenato: negozi dai brand più rinomati, auto imponenti ed eleganti donne che sfoggiano pellicce e gioielli. Gli orari del treno mi hanno permesso di rimanere a St. Moritz per poco meno di 5 ore, ma più che sufficienti per fare un giretto sul lago e in centro, dove, per i più golosi, è obbligatoria una “dolce” sosta alla storica pasticceria Hanlselmann.

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In questo periodo le ferrovie svizzere offrono un pacchetto viaggio che include il tragitto A/R, incluso il pranzo a St. Moritz nei ristoranti convenzionati, a 79€ per due persone (io ho scelto il ristorante Hotel Waldhaus am See, con vista sul lago, molto caratteristico).

Di seguito qualche link per organizzare il vostro viaggio!

Ferrovie svizzere (con anche l’offerta speciale): https://www.rhb.ch/it/treni-panoramici/bernina-express

B&B Tirano: http://www.bedandbreakfasttirano.it/

Hotel Waldhaus am See St. Moritz: www.waldhaus-am-see.ch

Cracovia e Auschwitz- Birkenau

In questi giorni, in cui si è tanto parlato del “Giorno della Memoria” rivissuto con gli occhi delle persone sopravvissute ai campi di concentramento, ho finalmente deciso di scrivere del mio viaggio a Cracovia.

Il viaggio è durato un fine settimana e devo dire che è bastato per visitare questa graziosa città, con il suo piccolo e curato centro storico e con la sua immensa piazza medievale che fortunatamente non fu bombardata durante la guerra. E’stata davvero unica anche la visita alla miniera di sale, distante pochi chilometri dalla città in cui, raggiungendo una profondità di 130 metri circa e percorrendo delle gallerie molto suggestive, è possibile visitare varie stanze in cui ammirare sculture realizzate con il sale dai minatori nell’arco degli anni, fino ad arrivare alla splendida chiesa sotterranea, anch’essa realizzata quasi tutta con il sale.

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Per la visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau bisogna spostarsi ulteriormente fuori dalla città, si trovano infatti a 80 km circa dal centro. Ci sono varie agenzie che organizzano gite in pullman per raggiungere queste località, io ho preferito noleggiare una macchina, cosa che consiglio vivamente, anche perché permette di spostarsi agevolmente da Auschwitz a Birkenau, distanti un paio di km l’uno dall’altra. Così come consiglio di prenotare una guida per il tour completo, si possono richiedere guide parlanti italiano a un costo abbordabile.

Varcando l’entrata di Auschwitz e il conosciuto cartello con la scritta “il lavoro rende liberi”, si entra nel campo, circondato interamente da filo spinato e suddiviso in vari edifici, la maggior parte adibiti a musei. Le prime sale, in cui viene offerto un breve excursus storico, danno l’idea della magnitudine dello sterminio e di quanto Auschwitz fosse una collocazione strategica. Ci sono poi altre sale del museo in cui sono esposte foto, diari e memorie delle vittime, plastici in cui viene illustrato l’uso dei forni crematori fino ad arrivare alle sale più toccanti in cui si trovano immense vetrate riempite di oggetti dei deportati: valigie, occhiali, scarpe e…capelli. Quest’ultimi non si possono fotografare, per rispetto, essendo parti fisiche delle vittime. La guida ci ha spiegato che i capelli erano utilizzati per fare dei tessuti, così come le scarpe rivendute e i componenti degli occhiali fusi e riciclati.

La visita prosegue poi in alcune sale in cui sono appese le foto dei volti dei prigionieri all’arrivo nel campo. Sguardi spaventati, persi, sbalorditi, rassegnati. Mediamente le date di morte erano registrate un paio di mesi successivi rispetto all’arrivo. Di particolare impatto anche la visita nel braccio della morte, dove venivano richiusi i prigionieri politici prima di essere giustiziati: c’erano celle di un metro quadrato in cui potevano essere detenute fino a tre o quattro persone.

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La visita a Birkenau è ancora più di impatto di quella di Auschwitz. I treni arrivavano, qui, direttamente nel campo. La guida ci diceva che le persone scendevano e venivano smistate: a sinistra andavano i bambini e le mamme, direttamente nei forni crematori, ovviamente senza che lo sapessero, a destra gli uomini e le donne senza figli. Questo perché, ci spiegava, le mamme senza i loro figli sarebbero state troppo deboli dal dispiacere per poter lavorare. Le condizioni dei prigionieri erano a dir poco raccapriccianti, tant’è che mi sono chiesta se, tutto sommato, fosse stato meglio morire subito o sopravvivere dovendo affrontare dei lavori massacranti, dormendo sotto il ghiaccio e mangiando pane ammuffito e acqua, con la consapevolezza di aver perso tutto.

Tutto questo, e altro ancora, ho visto ad Auschwitz e Birkenau e chiudo con le parole di Primo Levi che sono risuonate in tutto il mondo in questi giorni:

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario…”

Spero, con questo scritto, di aver contribuito a ciò, in onore di tutte le vittime.

La città dei cinque sensi

Marrakech non è una di quelle città da visitare con una mappa alla mano e nemmeno uno di quei luoghi così grandi da obbligarti a tenere l’orologio sempre in vista per paura perderti qualcosa di importante. È semplicemente una città da vivere e da gustare in tutti i suoi aspetti e le sue sfumature. Se vi capita di organizzarvi un viaggio, decidete di tirare il freno a mano e siate pronti a lasciarvi conquistare lentamente da un luogo in grado di amplificare i vostri sensi: sarete rapiti dagli odori forti e penetranti dei vicoli dei Souk, dai sapori intensi e gustosi dei cibi, dalle decorazioni dei suoi splendidi palazzi e, infine, dai rumori caotici contrapposti ai silenzi delle poche oasi di pace nella Medina.

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In linea a tutte le guide turistiche che definiscono i must da vedere, consiglierei sicuramente di visitare: il museo di Marrakech, piccolo ma molto suggestivo; la Madrasa di Ben Youssef, l’antica scuola coranica, e il palazzo Bahia, entrambi con decorazioni mozzafiato; la Maison de la Photographie, con la sua interessante esposizione fotografica, ma anche ideale per una pausa pranzo sulla sua terrazza, da cui si gode di una splendida vista della città. Meritano, infine, una sosta i famosi giardini Majorelle, nella villa dove visse l’omonimo artista e che fu acquistata successivamente da Yves Saint-Laurent.

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Nessuna guida, però, può descrivere il fascino di quella che dicono essere una delle piazze più caratteristiche del continente africano: Djemaa el Fna, all’interno della Medina, nei pressi della Moschea della Koutoubia. Con i suoi artisti, gli incantatori di serpenti e i suoi stand gastronomici, vi catapulterà in pochi secondi in un’altra dimensione. Dalla piazza si sviluppano tutti i Souk, che sono dei grandi mercati all’aperto suddivisi per zona a seconda della tipologia di prodotti venduti, dove si possono trovare bancarelle con prodotti di vario genere: stoffe, tappeti, oggetti di artigianato e anche prodotti alimentari.

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Il caos della Medina è tanto affascinante quanto stancante: i motorini che sfrecciano, le persone che vendono e che contrattano, i muezzìn che puntualmente richiamano i fedeli alla preghiera. Se volete trovare un po’di pace e di sano silenzio, vi consiglio di lasciarvi completamente andare in uno degli hammam della città. Io ne ho scelto uno dei migliori: l’hammam Rosa Bonheur, un posto intimo e poco conosciuto ma con un servizio impeccabile. Il programma relax ha previsto the e pasticcini di benvenuto, un hammam di un’ora, un massaggio di un’ora e mezza su tutte le parti del corpo, dalla punta delle dita dei piedi a quella dei capelli, ed una cena a lume di candela con la degustazione di un ottimo tajine di carne con albicocche, prugne e fichi.

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Il cibo, a Marrakech, è decisamente delizioso, esotico, speziato e dai sapori intensi. Uno dei piatti principali è proprio il tajine, che ho poi assaggiato in tutte le versioni: è una sorta di spezzatino cucinato in una terracotta particolare, una vera prelibatezza fumante, in genere accompagnata da riso bianco. Non sono da meno i cous cous: di carne o di verdure e sempre aromatizzati con le spezie profumate. I dolci sono, poi, delle vere delizie per il palato, come i piccoli pasticcini, a base di mandorle, frutta secca o vino cotto.

Tutto questo è Marrakech e, credetemi, questa città vivace e affascinante è riuscita, con i suoi colori e con i suoi profumi, a farmi dimenticare il tempo per tre giorni interi.

Voglia di zuppa

Viaggiando per i paesi del nord europa, ho scoperto quanto possono essere buone e sfiziose le zuppe. Per questo, dal mio rientro dalle vacanze, ho iniziato a pescare tra le svariate ricette sul web e ne ho trovate alcune davvero interessanti, tra cui una che ha suscitato la mia curiosità: crema di patate con seppioline e peperoni.

Per preparare la crema tagliate il cuore del porro a pezzettini, fatelo appassire per qualche minuto con dell’olio e del soffritto in una pentola. Aggiungete le patate (800 grammi) tagliate a cubetti piccoli e 400 ml di acqua calda ed un dado. Fate cuocere la zuppa finché le patate non saranno cotte, assicurandosi che l’acqua non si asciughi completamente. Nel frattempo tagliate a striscioline i peperoni (2 piccoli, meglio se di due colori) e le seppie (300 grammi). Scaldate del soffritto in una padella ed aggiungete i peperoni rendendoli appena croccanti ed aggiungete successivamente le seppie, salando e pepando il tutto e facendole cuocere per altri 5 minuti. A cottura quasi ultimata aggiungete del succo di limone. Trasferite il brodo con le patate cotte in una ciotola e rendere il tutto cremoso con il minipimer. Servite la crema in un piatto fondo, aggiungendo il mix di peperoni e seppie e dei gustosi crostini.

La mia è una versione semplificata, per maggiori dettagli vi rimando al sito di Giallozafferano, c’è anche il video della preparazione.

Zuppa

Sono sicura che il sapore dei peperoni croccanti unito a quello delle seppioline morbide ed alla crema di patate soffice e delicata…vi obbligherà a leccare il piatto!

Buona zuppa!

La masai bianca

Il rientro dalle vacanze è stato traumatico e vi annoia pensare che la vita difficilmente possa cambiare? Vi consiglio di leggere un libro tanto passionale quanto avvincente, La masai Bianca, di Corinne Hoffman.

È una storia vera, l’autobiografia di Corinne, una donna svizzera con un lavoro, un fidanzato e dei progetti come quelli di tutti noi, che trascorre una vacanza in Kenya e che incontra un uomo che le cambierà la vita: Lketinga, un guerriero masai, di cui si innamora follemente.

Un libro appassionante e coinvolgente, che offre molti spunti di riflessione su come possano convivere due culture opposte e su come l’amore possa esprimersi in forme notevolmente diverse. Il coraggio di Corinne mi ha emozionato, la vita dei guerrieri masai mi ha decisamente incuriosito e la forza di un amore travolgente mi ha regalato tanta carica di energia.

Mal d’Islanda

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Non sono mai stata, ahimè, in Africa, ma devo confessare che, al rientro dal viaggio in Islanda, ho la sensazione di aver lasciato un pezzo di me in quest’isola tanto speciale e, al contempo, di essermi portata via alcune immagini indelebili che, forse, serviranno a colorare maggiormente le mie giornate.

Terra di ghiaccio, proprio così com’è chiamata, Iceland, ma non solo. Sono innumerevoli, infatti, i vulcani e le aree geotermiche dove la terra sbuffa vapori e bolle a temperature elevate, al pari di una persona che non riesce a contenere le proprie emozioni. Un dipinto di colori, meta dei fotografi amatoriali e non di tutto il mondo e di chi vuole mettersi a confronto con una natura selvaggia e incontaminata che offre spettacoli unici ma che fa sentire l’uomo anche tanto inerme al suo cospetto.

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L’itinerario seguito è stato di otto giorni ed ha previsto il giro completo dell’isola, lungo la ring road, da Reykjavik, in senso antiorario. Il viaggio è iniziato con qualche giorno nella capitale, vivace e colorata cittadina, con la sua via centrale Laugavegur, piena di negozi alla moda e di locali, dove bere una birra alle 11.30 di sera con la luce del giorno non ha prezzo. Meritano un giro le vie del centro e la zona del porto, quest’ultima con la maestosa Opera ed una scultura moderna di una nave vichinga davvero particolare. Su Reykjavik domina Hallgrimskirkja, moderna cattedrale dalla cui vetta si può godere di un piacevole panorama. Nei pressi di Reykjavik il museo del folklore all’area aperta, Arbaejarsafn, permette di ritornare indietro nel tempo, con un’ambientazione della vecchia Islanda.

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Merita forse anche più di un pomeriggio la visita alla penisola di Reykjanes, a sud della capitale, con una conformazione geologia delle rocce del tutto particolare e la meta da sogno per tutti: la Laguna Blu. La cultura delle terme, particolarmente viva in Islanda, racchiude in questo luogo la sua massima espressione: una piscina alimentata naturalmente, con una temperatura di 38 gradi circa, una cascata d’acqua naturale, sauna e bagno turco e un bar che offre birra fresca, tra i fumi di zolfo e lo scrub al sale a disposizione, che rende la pelle particolarmente liscia.

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Il viaggio è poi proseguito con il famoso Golden Circle, che prevede la visita alle tre attrazioni naturalistiche più note e visitate d’Islanda: il parco nazionale di Pingvellir, che divide geologicamente il continente americano da quello europeo, Geysir, dove si può vedere uno dei Geyser maggiormenti attivi in Islanda esplodere ad intervalli irregolari ma frequenti e la cascata di Gulfoss, direi la più spettacolare, per la sua bellezza ed i giochi di luce del suo doppio salto.

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Per raggiungere Vik, ridente paesino di ben 250 abitanti 🙂  non sono mancate due soste ad altre cascate importanti: Seljalandsfoss (unica cascata osservabile anche da dietro tramite un sentiero percorribile) e la bellissima Skogafoss (larga 25 e alta 60 metri), con un sentiero panoramico per poterla ammirare dall’alto. Un’altra sosta molto interessante è stata quella nei pressi del vulcano Eyjafjallajokull, che, ricorderete, nel 2010 fermò i cieli di mezza europa, dove un centro informazioni mostra un filmato sull’eruzione, di notevole impatto. Nei pressi di Vik, decisamente da vedere la spiaggia lavica della laguna di Dyrholaos, con una vista mozzafiato sull’immenso oceano.

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Tra Vik e Hofn si costeggia il ghiacciaio Vatnajokull, che, dalla ring road, appare come una lingua di ghiaccio che spunta tra due immense montagne. Qui due agenzie organizzano differenti tipi di uscite con ramponi e picconi. Oltre ad aver “passeggiato” sul ghiacciaio, siamo entrati in una grotta di ghiaccio, azzurra e brillante, mostrata da un’altrettanto brillante guida locale. Prima di arrivare ad Hofn, una tappa obbligata, è la laguna glaciale di Jokulsarlon, dove, tra colori sorprendenti e riflessi unici, regna un silenzio che regala una quiete insolita per noi cittadini.

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Hofn è un paese che si affaccia sul mare ed ho avuto la fortuna di alloggiare in una guesthouse che si trovava direttamente di fronte all’oceano. In questo paesino, oltre ad aver assaggiato l’aragosta locale, il ricordo che mi porto dentro è il tramonto più spettacolare della mia vita.

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Proseguendo verso nord il viaggio ha seguito la rotta per il lago Myvatn, che è una buona base di partenza per escursioni su vulcani, più o meno grandi, oltre ad ospitare una sorta di laguna blu più piccola ma altrettanto piacevole. Interessante l’area geotermica qualche chilometro prima di arrivare al lago. Una guida locale, durante un tour in mountan bike di gruppo di qualche ora, ci ha spiegato che l’Islanda è divisa in due placche tettoniche che tendono a separarsi e, questa zona, si trovi proprio lungo la direttrice del distacco. Per questo l’attività geotermica è notevole, abbiamo avuto modo di vedere addirittura alcuni “buchi” nel terreno dove viene cotto il pane con il calore…del suolo! Non lontano dal lago ci sono poi un paio di cascate da non perdere: la selvaggia Dettifoss e la scenografica Hafragilsfoss, che si può osservare da un punto panoramico che offre una vista sul canyon più grande d’Islanda, con pareti con più di 50 metri di altezza.

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Sulla costa nord, un grazioso paesino da visitare è Husavik, da cui, peraltro, partono le barche per l’avvistamento delle balene, che si possono vedere con maggiore probabilità in questa baia rispetto a quella nei pressi della capitale. Ne ho viste due, di cui una particolarmente curiosa che si è anche avvicinata a pochi metri dalla barca.

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Ultima tappa, Akureyri, la seconda città dell’isola, vivace cittadina portuale con una chiesa moderna con vista mozzafiato, raggiunta dopo aver sostato alla sontuosa cascata di Godafoss. Lungo la strada statale principale, sulla via del ritorno, una tappa d’obbligo è l’antica fattoria Glaumbær, con le sue tipiche case di torba.

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E dulcis in fundo, cosa dire degli Islandesi…popolo delizioso, riservato e cordiale allo stesso tempo, la cui cultura credo si possa riassumere in un aneddoto: dopo aver preso una multa per sosta vietata con stupore ho notato che la cifra era veramente ridicola (circa 15 euro). Alla domanda: “Ma perché le multe sono così ridotte?”, una sorridente impiegata dell’ufficio del turismo mi risponde: “perché non le facciamo per fare soldi ma per dare una lezione alle persone”. …Chapeu!

Credo di non avere mai provato invidia per i viaggi altrui, ma forse, quando qualche amico mi dirà che prevede di fare un viaggio in Islanda, ne proverò un pochino per la prima volta…

…sempre se non dovessi decidere di ritornarci prima io…

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Per l’Olanda in bici e barca

Sembra una pazzia ma è un viaggio alla portata di tutti: per chi vuole passare una vacanza alternativa, ormai sono numerosi i tour operator che organizzano viaggi in bici! Il paese per eccellenza per questo tipo di viaggi è l’Olanda, non solo perché è estremamente piatta ma perché ha una delle cultura delle due ruote più consolidata al mondo. La combinazione di bici e barca è poi perfetta: il tour, in genere circolare, prevede una serie di tappe raggiungibili in bici e, a fine giornata, la barca attende tutto il gruppo nella tappa successiva. Non c’è quindi bisogno di fare i bagagli, né di portarli con sé perché ognuno ha la propria camera a bordo ed in genere è prevista anche la mezza pensione con la possibilità di cenare in barca.

Per questo tipo di viaggio non è necessario essere particolarmente allenati o esperti di itinerari locali, basta amare pedalare e scegliere un tour con una guida che conduce il gruppo, facendo scoprire angoli nascosti e difficilmente raggiungibili in auto. Il tutto condito da tanta voglia di godersi il paesaggio e la natura, oltre, ovviamente, a quella di chiacchierare e conoscere i nuovi compagni di viaggio.

Queste sono alcune delle tappe del mio giro per l’Olanda (rotta sud), per un totale di 300 km circa suddivisi in 7 giorni, a bordo della mitica Zebra.

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Il tour è partito da Amsterdam, dove è stato dedicato un pomeriggio alla visita libera della città, tra canali, musei e locali alternativi. Il giorno successivo, tutti in sella, abbiamo pedalato verso Zaandam, un paesino tradizionale olandese con le case di legno, i mulini a vento, i caseifici e le manifatture di “clog”, gli zoccoli di legno. Il giro ha poi proseguito, il giorno dopo, verso le coste del Mare del Nord. È stato fantastico arrivare a Zandvoort, pedalando attraverso le dune, sentendo il profumo di mare sempre più vicino. Stupendi la spiaggia e l’immensità dell’oceano.

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Il tour è poi proseguito verso l’Aia: bella la zona del parlamento, molto suggestiva la fiamma eterna della pace, a lato del Palazzo della Pace sede della rinomata Corte Internazionale di Giustizia (Vredespaleis), con vicino alcune pietre donate da (quasi) tutti i Paesi del mondo. Vi consiglio vivamente poi di visitare “il Panorama” di Mesdag, il più grande dipinto in Europa con una vista a 360°. La sera la barca ci attendeva a Delft, molto caratteristica e famosa per le sue ceramiche (persino le panchine e i lampioni cittadini erano fatti di questo materiale!). Immagine 3

Il giorno seguente abbiamo raggiunto Rotterdam per fare un giro a piedi, ma abbiamo scoperto che è molto più bella se vista dal mare, con il suo meraviglioso ponte a forma di arpa. Nel pomeriggio abbiamo visitato Gouda, famosa per il formaggio e, non a caso, ci siamo arrivati il giorno del mercato. Pittoresco il municipio, bella la piazza e molto suggestive le forme di formaggio con le giovani vestite con abiti folcloristici locali.

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Il giorno successivo è stato il turno di Kinderdijk, con i suoi famosi 19 mulini a vento, Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Si può visitare un mulino funzionante al suo interno e conoscerne la storia. Nel pomeriggio abbiamo raggiunto Utrecht, con sosta a Schoonhoven, percorrendo, nella tratta finale, un bellissimo percorso tra ville, cottage e piccoli castelli. Sempre seguendo il fiume, entrati nel centro di Utrecht, dominato dalla bella torre della Cattedrale alta 111 metri (e famosa perchè cittadina di nascita di Marco Van Basten 🙂 ), abbiamo trovato una cittadina universitaria, fresca e giovanile. Da Utrecht siamo infine rientrati ad Amsterdam, per poi ritornare in italia il giorno dopo, portandoci a casa il ricordo di una settimana davvero unica. Immagine 5Se l’idea vi piace, vi consiglio di “spulciare” sui siti delle agenzie, selezionando le diverse tipologie di viaggi (non solo bici e barca). L’agenzia con cui ho effettuato il tour è stata Verde Natura, ma ce ne sono altre, come Girolibero o Zeppelin, che offrono numerosi itinerari altrettanto interessanti.

Buona pedalata!

 

Sulle note di Imagine

Una stanza, un pianoforte bianco, un testo di una canzone scritto su una parete che scorre in sottofondo. Un testo tanto corto quanto immenso, accompagnato dalle note di uno dei pezzi, credo, più emozionanti di tutti i tempi.

Qualche settimana fa ho avuto il piacere di visitare il museo dei Beatles a Liverpool e, sulle note di Imagine di John Lennon, ho fatto una sosta nella sala che riproduce perfettamente il video ufficiale del pezzo suonato con il celeberrimo pianoforte bianco.

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Ho ripercorso, in pochi minuti, un viaggio nella musica vera, insieme a qualche ricordo del passato, riflettendo su come molti ideali ormai si sono persi chissà dove. Suggestiva anche la gigantografia sul muro di fronte alla stanza, un collage di foto di facce di persone di ogni tipo, tutte diverse tra loro ma unite da un unico sorriso di speranza.

Mondo

 

Il museo dei Beatles, The Beatles story, sorge all’interno del bellissimo porto di Liverpool ed offre, tramite ambientazioni suggestive, un viaggio lungo il percorso musicale della band, dai primi anni ’50 per più di un decennio, per concludere dedicando alcuni spazi alla storia dei singoli componenti negli anni successivi alla rottura. Se mai doveste capitare a Liverpool, ve lo consiglio vivamente.

E vi consiglio anche di prendervi qualche minuto per rivedere il video di imagine e per concedervi un momento tutto per voi.

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